Fino a pochi anni fa gli scienziati ritenevano che la causa principale dell’accumulo dei rifiuti plastici nei mari e negli oceani fosse attribuibile a un numero piuttosto limitato di fiumi, circa una ventina, quasi tutti collocati in Asia.
Questa convinzione derivava da uno studio che si è concluso nel 2017 secondo il quale il 90% dei rifiuti plastici nei mari fosse causato dal Nilo, dal Rio delle Amazzoni, dal Fiume Azzurro e da una ventina di fiumi minori. Gli sforzi si stavano perlopiù concentrando sul ripulire questi fiumi, ignorando il fatto che il problema aveva dimensioni molto più estese.
Oltre 1.000 fiumi sono responsabili dell’inquinamento di mari e oceani
Una ricerca del 2021 pubblicata da Science Advances ha infatti ribaltato questi risultati e si è arrivati a capire che sono più di 1.000 i corsi d’acqua maggiormente responsabili della presenza di plastiche e microplastiche nei mari. Uno scenario ben più complesso, che rende altrettanto difficile trovare soluzioni efficaci nel breve periodo. La ricerca del 2021 è stata più approfondita rispetto a quella precedente: l’analisi ha riguardato oltre 1.600 fiumi, considerando fattori che prima erano stati ignorati, come la tipologia dei terreni, gli effetti delle precipitazioni, la vicinanza ai centri abitati e così via.
Questo studio ha evidenziato anche un altro aspetto che prima veniva scarsamente preso in considerazione, ovvero il fatto che non tutti i rifiuti presenti nei fiumi arrivano al mare. Ci sono fiumi che “ospitano” spazzatura di vario tipo per decenni.
Queste evidenze sottolineano quindi il fatto che i fiumi che trasportano rifiuti nei mari e negli oceani sono molti di più rispetto a quanto si pensasse e in molti casi si tratta di fiumi minori. Questi ultimi sono concentrati in diverse aree dell’Asia (come in Malesia e nelle Filippine) ma anche in America Centrale. Inoltre, non tutti i rifiuti arrivano al mare, rendendo altamente inquinati anche le acque dei fiumi stessi.
Possibili soluzioni
Cosa si sta facendo per risolvere il problema? La ricerca condotta nel 2021 è stata finanziata da The Ocean Cleanup la ONG fondata dall’imprenditore olandese Boyan Slat, impegnata a ripulire l’Oceano Pacifico dai rifiuti grazie a Inceptor, una specie di macchina “mangia spazzatura”. Questo è sicuramente un progetto degno di nota ma ancora ribadiamo che non è sufficiente: per risolvere davvero il problema alla radice bisogna spostare l’attenzione dalla materia prima all’educazione delle persone. L’opinione pubblica generale e quello che viene principalmente diffuso dagli organi di informazione è che il problema è la plastica in sè, quando invece si tratta di un materiale prezioso, che può avere più vite, se smaltito e riciclato correttamente. Il problema non è la plastica ma il fatto che venga riversata nei fiumi, nei mari e nei terreni.
La situazione italiana: il Po
In Italia fortunatamente la salute dei nostri fiumi è molto migliore rispetto ad altri paesi. Recentemente una approfondita analisi condotta dall’Autorità Distrettuale del Fiume Po in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma, Arpa Daphne e AIPo ha evidenziato che la quantità di microplastiche nelle acque del Po è molto inferiore rispetto a quanto si pensasse e non raggiunge livelli critici.
Per dirla in numeri, il numero su unità di volume di microplastiche nel Po oscilla tra il 2,06 e l’8,22, mentre nella Senna in Francia è tra il 9,6 e il 63,9 (ricerca 2019 Alligant), Oujiang, Minjiang in Cina tra 100-4100 (ricerca Zhao 2019), il Tamigi in Gran Bretagna si attesta su valori di 14,2-24,8 (ricerca Rowley 2020), Clyde, Bega e Hunter estuary in Australia 98-1032 (ricerca Hitchcock & Mitrovic 2019), come si apprende dal sito Raccoltala Giusta di UNIONPLAST.
Queste notizie sono certamente rassicuranti ma non devono farci abbassare la guardia: al contrario, è fondamentale continuare ad analizzare in modo approfondito cause e conseguenze dell’inquinamento dei fiumi per trovare soluzioni sempre più efficienti. Un ruolo chiave sta nell’informazione e nell’educazione delle persone: bisogna mettere in campo sforzi maggiori affinché tutti siano maggiormente consapevoli dei rischi derivanti dall’inquinamento e predisporre risorse che favoriscano la raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti.
Da dove arrivano i rifiuti che inquinano i nostri mari? Ecco cosa dicono le ultime ricerche
Fino a pochi anni fa gli scienziati ritenevano che la causa principale dell’accumulo dei rifiuti plastici nei mari e negli oceani fosse attribuibile a un numero piuttosto limitato di fiumi, circa una ventina, quasi tutti collocati in Asia.
Questa convinzione derivava da uno studio che si è concluso nel 2017 secondo il quale il 90% dei rifiuti plastici nei mari fosse causato dal Nilo, dal Rio delle Amazzoni, dal Fiume Azzurro e da una ventina di fiumi minori. Gli sforzi si stavano perlopiù concentrando sul ripulire questi fiumi, ignorando il fatto che il problema aveva dimensioni molto più estese.
Oltre 1.000 fiumi sono responsabili dell’inquinamento di mari e oceani
Una ricerca del 2021 pubblicata da Science Advances ha infatti ribaltato questi risultati e si è arrivati a capire che sono più di 1.000 i corsi d’acqua maggiormente responsabili della presenza di plastiche e microplastiche nei mari. Uno scenario ben più complesso, che rende altrettanto difficile trovare soluzioni efficaci nel breve periodo. La ricerca del 2021 è stata più approfondita rispetto a quella precedente: l’analisi ha riguardato oltre 1.600 fiumi, considerando fattori che prima erano stati ignorati, come la tipologia dei terreni, gli effetti delle precipitazioni, la vicinanza ai centri abitati e così via.
Questo studio ha evidenziato anche un altro aspetto che prima veniva scarsamente preso in considerazione, ovvero il fatto che non tutti i rifiuti presenti nei fiumi arrivano al mare. Ci sono fiumi che “ospitano” spazzatura di vario tipo per decenni.
Queste evidenze sottolineano quindi il fatto che i fiumi che trasportano rifiuti nei mari e negli oceani sono molti di più rispetto a quanto si pensasse e in molti casi si tratta di fiumi minori. Questi ultimi sono concentrati in diverse aree dell’Asia (come in Malesia e nelle Filippine) ma anche in America Centrale. Inoltre, non tutti i rifiuti arrivano al mare, rendendo altamente inquinati anche le acque dei fiumi stessi.
Possibili soluzioni
Cosa si sta facendo per risolvere il problema? La ricerca condotta nel 2021 è stata finanziata da The Ocean Cleanup la ONG fondata dall’imprenditore olandese Boyan Slat, impegnata a ripulire l’Oceano Pacifico dai rifiuti grazie a Inceptor, una specie di macchina “mangia spazzatura”. Questo è sicuramente un progetto degno di nota ma ancora ribadiamo che non è sufficiente: per risolvere davvero il problema alla radice bisogna spostare l’attenzione dalla materia prima all’educazione delle persone. L’opinione pubblica generale e quello che viene principalmente diffuso dagli organi di informazione è che il problema è la plastica in sè, quando invece si tratta di un materiale prezioso, che può avere più vite, se smaltito e riciclato correttamente. Il problema non è la plastica ma il fatto che venga riversata nei fiumi, nei mari e nei terreni.
La situazione italiana: il Po
In Italia fortunatamente la salute dei nostri fiumi è molto migliore rispetto ad altri paesi. Recentemente una approfondita analisi condotta dall’Autorità Distrettuale del Fiume Po in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma, Arpa Daphne e AIPo ha evidenziato che la quantità di microplastiche nelle acque del Po è molto inferiore rispetto a quanto si pensasse e non raggiunge livelli critici.
Per dirla in numeri, il numero su unità di volume di microplastiche nel Po oscilla tra il 2,06 e l’8,22, mentre nella Senna in Francia è tra il 9,6 e il 63,9 (ricerca 2019 Alligant), Oujiang, Minjiang in Cina tra 100-4100 (ricerca Zhao 2019), il Tamigi in Gran Bretagna si attesta su valori di 14,2-24,8 (ricerca Rowley 2020), Clyde, Bega e Hunter estuary in Australia 98-1032 (ricerca Hitchcock & Mitrovic 2019), come si apprende dal sito Raccoltala Giusta di UNIONPLAST.
Queste notizie sono certamente rassicuranti ma non devono farci abbassare la guardia: al contrario, è fondamentale continuare ad analizzare in modo approfondito cause e conseguenze dell’inquinamento dei fiumi per trovare soluzioni sempre più efficienti. Un ruolo chiave sta nell’informazione e nell’educazione delle persone: bisogna mettere in campo sforzi maggiori affinché tutti siano maggiormente consapevoli dei rischi derivanti dall’inquinamento e predisporre risorse che favoriscano la raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti.
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